Per l’intera durata del 2020 e per la prima metà del 2021 sono rimasta a Stoccolma, limitandomi a interagire con amici e familiari italiani tramite videochiamate e messaggi. Il perché di questa scelta si può riassumere in tre punti principali:
- la pandemia di COVID-19 nel pieno della sua esplosione, che rendeva qualsiasi tipo di viaggio (necessario o di piacere) estremamente sconsigliato;
- la frequentissima cancellazione dei voli di linea che rendeva impossibile programmare con certezza qualsiasi trasferta;
- i problemi di salute a cui ho accennato in questo post.
A dire la verità, ho evitato quanto più possibile di incontrare anche amici e conoscenti svedesi per timore di contrarre il virus e, nel migliore dei casi, finire intubata sul fondo di un letto ospedaliero.
Non è stato un periodo piacevole e la mia vita sociale si è ridotta ai minimi storici: io, il mio sambo, e le nostre piante. Si usciva solo per fare la spesa al supermercato di fronte a casa, per sgranchirsi le gambe intorno all’isolato e, nelle occasioni più “esotiche”, per andare e venire dall’ospedale Karolinska di Huddinge tramite mezzi pubblici. Ci si spostava talmente di rado che non c’è stato più bisogno di rinnovare l’abbonamento mensile ai mezzi pubblici e bastava comprare un biglietto al volo sull’app della SL poco prima della corsa di turno.
Credo sia stato questo prolungato “digiuno” sociale ad avermi portata a vivere con ansia e, al tempo stesso, trepidazione la prospettiva di poter rivedere i miei familiari in Italia una volta terminato il ciclo vaccinale.
Ho prenotato il biglietto aereo per la mia città natale a Giugno: un volo KLM con scalo ad Amsterdam per raggiungere il sud Italia. A questo giro, il mio sambo ha preferito rimanere a casa. Del resto, al momento della prenotazione, non c’era modo di sapere se fosse prevista una quarantena forzata una volta giunti in Italia, dato che fare previsioni di questo tipo in una situazione mutevole quale quella delle restrizioni italiane sarebbe stato come cercare di indovinare i numeri del lotto. E, a dirla tutta, stare chiuso in casa per due settimane con i suoceri non è una tortura a cui mi andava di sottoporlo.

E così, un sabato di Agosto ho preso il consueto bus per l’aeroporto di Arlanda e ho dato inizio alla mia vacanza. Sorvolo sulla giornata passata presso i vari aeroporti, perché c’è davvero poco di interessante da dire e l’intera faccenda si potrebbe riassumere con “la gente non ha ancora imparato a usare le mascherine” e “le restrizioni sbandierate ai quattro venti da aeroporti e compagnie varie esistono solo sulla carta“. Sono atterrata intorno alle 23:00 e, immediatamente uscita dall’aeroporto, sono stata sottoposta a tampone antigenico obbligatorio. Devo ammettere che è stato un sollievo vedere quel risultato negativo, perché l’ansia di poter aver beccato il virus dopo aver stazionato per parecchie ore presso due aeroporti diversi non era indifferente.
I giorni seguenti sono stati un susseguirsi di eventi sociali che mi hanno costretta a fare i conti con la realtà di non aver visto anima viva (ad eccezione del mio sambo) per almeno un anno e con quanto a disagio mi sentissi ad incontrare altre persone (seppur vaccinate e sane). Con il passare dei giorni, però, sono riuscita a “riabituarmi” alla vita sociale, seppur gradualmente. Sono persino riuscita ad andare al mare diverse volte (cosa che non ho ancora avuto il piacere di fare in Svezia, sebbene viva lì da quasi tre anni) e abbronzarmi/scottarmi per bene.




Altre attività hanno incluso incontrare vari parenti, passare il Ferragosto a casa di un gruppo ristretto di amici ed esplorare una riserva naturale nella mia regione di origine.



In generale, sono state due settimane davvero piacevoli e rilassanti. Sono riuscita, dopo quello che m’è parso un secolo, a staccare la spina e dimenticare le responsabilità lavorative, il che non è cosa facile. Ho cercato di godermi ciò che di buono ho lasciato in Italia e fatto del mio meglio (non sempre riuscendoci) per ignorare quelle dinamiche fastidiose che si ripresentano ad ogni rientro (ne ho parlato un po’ qui).
Questa volta, però, ho avuto una sorta di epifania: devo riprendere a guidare. Abitando a Stoccolma, non me ne faccio granché di un’auto.
Piccola parentesi: non si può dire lo stesso per l’intero territorio svedese. Un mio amico che abita nel Norrland (parte settentrionale della Svezia) ama sempre dire: “Noi qui ci nasciamo, in macchina!“. Immagino valga lo stesso anche per tutti i residenti dei paesini di una manciata di anime disseminati in mezzo alle varie foreste svedesi. Chiusa parentesi.
Al contrario, visitare i miei in Italia comporta sempre la doccia fredda del realizzare quanto difficile sia fare qualunque cosa senza un mezzo proprio. I trasporti pubblici funzionano male, anzi malissimo, ed essere alle dipendenze altrui è veramente estenuante.
Per un qualche miracolo di sorta, gli astri si sono allineati e, tramite passaggi vari, sono riuscita ad incontrare una mia amica, anche lei emigrata e in vacanza nella nostra città di origine. Neanche a dirlo, lei si trova nella stessa situazione: ha preso la patente diversi anni fa, ma adesso vive in una grande città e di conseguenza non guida più. Quando rientra per visitare sua madre, però, torna a sentirsi come un pacchetto postale che dev’essere sempre trasportato da altri. Io ci trovo anche una sorta di ritorno all’adolescenza, in tutto ciò: “Mamma, potresti accompagnarmi lì?“; “[Sorella], potresti darmi un passaggio?“; “Vorrei andare al mare con X, ma nessuna di noi due ha i mezzi per andarci. Qualcuno può darci uno strappo?“.
Quindi, una volta rientrata in Svezia, ho preso la coraggiosa decisione di spedire il modulo apposito e la copia originale della mia patente e a Transportstyrelsen (una sorta di equivalente della Motorizzazione) per farla convertire nella versione svedese (chi fosse interessato può leggere tutte le istruzioni qui). Il mio obiettivo è, una volta ricevuta la nuova patente, poter riprendere delle lezioni di guida per togliere la ruggine da ciò che ho imparato nel lontano 2014, anno dopo cui non ho più guidato. Sperando di riacquistare un po’ di sicurezza alla guida, vorrei riuscire a spezzare la maledizione dei rientri in Italia confinata a casa dei miei e dell’eterno sballottolamento fra passaggi vari.

Adesso sono qui a Stoccolma, con ancora una manciata di giorni di vacanza prima del ritorno alla routine lavorativa. L’estate sembra già un ricordo lontano, ma in fin dei conti va bene così.
Uno dei miei buoni propositi per il 2021 era rivedere la mia famiglia in Italia e, almeno questo, posso dire di averlo fatto.